di Salvo Barbagallo
Come previsto, per Rosario Crocetta al momento niente dimissioni: il PD (contrariamente alla volontà del premier Matteo Renzi) fa quadrato attorno all’attuale presidente della Regione Siciliana e prende tempo alla ricerca di una soluzione che possa accontentare alleati, e non, al governo dell’Isola. Per noi era scontato, anche se non siamo convinti del “tanto rumore per nulla”. Fra l’altro, appare piuttosto opaco il “Palazzo dei veleni” di Palermo che comunque “veleni” continua a sfornare nello squallore no-stop, precludendo sempre maggiormente un futuro diverso alla Sicilia.
Manovre (pseudo) politiche o manovre di interessi particolari (sconosciuti), alla fine, paralizzano qualsiasi tentativo di “cambiamento”, se mai si potesse presentare. Lo scenario siciliano è quello consueto: situazioni che sembrano fotocopie di fatti già avvenuti (e magari dimenticati) che cambiano (fino a un certo punto) solo la forma e i protagonisti dell’ultima ora. Una “costante” che non muta nella struttura poiché le fondamenta dell’edificio Sicilia, costruite settant’anni addietro sono le stesse di oggi: apparentemente e a secondo delle esigenze si “rinnovano” – o forse è meglio dire si “ristrutturano” – i piani sovrastanti. Dalle fondamenta, nell’arco di settant’anni, si sono alzati i pilastri del “sistema clientelare” che hanno sorretto (e sorreggono) i detentori del potere (politico, economico, finanziario, mafioso, eccetera) che si sono avvicendati nel tempo.
Le fondamenta dell’edificio-Sicilia sono solide e il “sistema clientelare” ha avuto modo di svilupparsi perché mai contrastato: ma chi avrebbe potuto farlo? Di certo non la collettività che l’ha subìto e della quale solo una minima minima parte, veramente irrilevante, quella costituita dai “privilegiati” del sistema, ne ha tratto beneficio.
In ogni posto-chiave (e posti subalterni funzionali) delle pubbliche amministrazioni e anche in entità private, sono stati (e vengono) collocati soggetti di “fiducia” di chi detiene il potere (politico, economico, finanziario, mafioso, eccetera); nello stesso mercato del lavoro possono penetrare solo soggetti che, in un modo o in un altro sono legati a chi detiene il potere (politico, economico, finanziario, mafioso, eccetera); non c’è possibilità di occupazione per quanti stanno “fuori” dalla cerchia di chi detiene il potere (politico, economico, finanziario, mafioso, eccetera). Chi è “fuori” è fuori e viene inesorabilmente stritolato da un meccanismo che ha raggiunto nell’applicazione del “sistema” una “perfezione” che definire scientifica è dir poco. Quando qualcosa non funziona non è perché si è verificato un “contrasto” esterno al sistema, ma soltanto perché provocato da una lotta interna per l’acquisizione di una fetta di potere in più.
La Sicilia “laboratorio politico”? E’ vero. La Sicilia “terra di mafia”? E’ vero. Se, però, non si sanno analizzare gli eventi che si susseguono, allora non si potranno mai comprendere le “logiche” di chi detiene il potere (politico, economico, finanziario, mafioso, eccetera), non si potrà mai comprendere l’atavica mancanza dello sviluppo in un territorio che possiede tanto e che, invece, continua a rimanere nell’arretratezza più totale, voluta e perseguita. E’ il “ sistema clientelare” che gestisce ogni cosa, e fin quando permane non potrà esserci alcuna prospettiva per i Siciliani.
Come esempio, dovrebbe apparire emblematico il “caso Tutino”, a prescindere dalla querelle sulla ormai nota telefonata a Rosario Crocetta. Di quella frase feroce, presunta o vera che sia, indirizzata a Lucia Borsellino qualcuno, prima o poi, dovrà dare spiegazioni e mostrare come sono andate realmente le cose: quando accadrà tutto sarà stato già “archiviato”. Caso emblematico, quello del dottor Matteo Tutino per quel che rappresenta il personaggio nella sua folgorante carriera, che il “Il Fatto Quotidiano” ha ricostruito sapientemente nell’edizione di venerdì scorso (17 luglio): “… Ad introdurlo alla corte di Crocetta è Antonio Ingroia, che all’epoca aveva appena lasciato la Sicilia e l’inchiesta sulla Trattativa Stato – mafia per il Guatemala: poco dopo tornerà in Italia per candidarsi presidente del Consiglio, ma senza successo. Tra l’ex pm candidato premier, il governatore antimafioso in carica, e una serie di magistrati, sono parecchie le conoscenze altolocate che Tutino inizia a collezionare. Ormai quell’incarico all’ospedale di Caltanissetta va stretto al medico personale del governatore, che si considera un luminare e ambisce a ben altro. La svolta arriva poco dopo: Tutino viene piazzato a fare il primario di chirurgia estetica alla clinica palermitana Villa Sofia. Più che piazzato, paracadutato: ci sono dei pretendenti che hanno più titoli, il sindacato dei medici inizia ad protestare e vuole la sua rimozione. Niente da fare: il medico di Crocetta resta in sella. Ci rimarrà fino al suo arresto, il 29 giugno del 2015: è accusato di aver praticato interventi estetici, spacciandoli per operazioni necessarie, ma soprattutto rimborsate dal sistema sanitario nazionale. Tutino è una brava persona – dice il governatore – mai visto uno con un profondo senso della religione come lui…”.
Ecco, Matteo Tutino (per quel che ha potuto significare la sua storia) è l’esempio di come funziona il “sistema clientelare” che, di tanto in tanto, s’inceppa (come può materialmente accadere a un piccolo ingranaggio di una grande macchina) per l’arroganza o le velleità di questo o quel protagonista.
Il “sistema clientelare” è composto da una fitta rete di connessioni e interconnessioni trasversali che riesce a controllare il territorio in cui opera: il “vertice” di questo “sistema”- il “potere” assoluto o parcellizzato – ovviamente, si pone al di sopra di tutto e di tutti e raramente commette errori. Troppo radicato nei decenni, difficilmente si può abbattere. Semplice, no? Le cose, in fondo, si conoscono…
La piovra? Solo un’immagine folkloristica.